Le anfore
Le anfore sono contenitori ceramici di media e grande capacità, concepiti per trasportare derrate alimentari liquide o semiliquide – come vino, olio, salse di pesce, miele, olive – su medie e lunghe distanze.
Caratterizzate dalla presenza di due anse opposte e da una terminazione a punta, funzionali a facilitarne il trasporto e il carico all’interno delle navi, le anfore presentano forme ed impasti estremamente differenziati che, insieme ai bolli dei fabbricanti e alle iscrizioni dipinte, forniscono importanti informazioni sui luoghi di produzione e sulle rotte di circolazione, contribuendo in modo determinante alla ricostruzione dell’economia romana.
Utilizzate in area greco-orientale fin da epoca molto antica, le anfore iniziarono ad essere fabbricate in Italia a partire dalla prima metà del III secolo a. C., principalmente allo scopo di trasportare il vino prodotto nei rinomati vitigni della Campania, del Lazio, dell’Etruria e del Piceno, distribuito in tutte le regioni dell’Europa e del Mediterraneo gravitanti nell’orbita di Roma.
A partire dalla fine del I secolo a. C. la crisi dell’agricoltura italica e il parallelo sviluppo delle economie provinciali portò ad una dislocazione delle produzioni – olio e salse di pesce in Spagna e in Africa settentrionale, vino in Gallia e nel Mediterraneo orientale e, in piccola parte, in Italia – e ad una differenziazione morfologica delle anfore. Mentre le anfore da olio aumentarono progressivamente la loro capacità (fino ad arrivare agli oltre 60 l. delle anfore africane), le anfore da vino assunsero dimensioni sempre più modeste (in media 20 l., contro i circa 40 l. delle anfore repubblicane) e, in alcuni casi, furono private del tradizionale puntale a vantaggio di un fondo piatto – come quello dei contenitori prodotti nelle officine di Forlimpopoli tra il I e il III secolo d. C. – che risultava più adatto ad una circolazione a raggio ridotto, condotta principalmente lungo le rotte terrestri e fluviali.